Per quanto riguarda l'"autodeterminazione", dobbiamo ricordare che la leadership russa, quando ha lanciato la sua "operazione militare speciale", come essa ha definito l'invasione dell'Ucraina, ha invocato la "denazificazione" dell'Ucraina e la tutela del diritto all'"autodeterminazione" della popolazione di lingua russa.
Ricordiamo che, a loro volta, le forze euro-atlantiche in Grecia invocano il diritto all'"autodeterminazione" per sostenere l'adesione dell'Ucraina alla NATO, mentre sottopongono al voto del parlamento l'adesione alla NATO della Macedonia del Nord, della Finlandia e della Svezia, invocando proprio il diritto all'"autodeterminazione". Naturalmente, il KKE ha votato contro l'adesione di questi paesi alla NATO, in linea con la sua posizione sul disimpegno della Grecia dalle alleanze imperialiste della NATO e dell'UE.
È lo stesso "diritto" che la Turchia invoca per promuovere la soluzione dei due Stati a Cipro, che consolida i risultati dell'invasione e dell'occupazione turca di Cipro. Simili "diritti di autodeterminazione" hanno portato alla disgregazione della Jugoslavia, al protettorato del Kosovo, e sono spesso invocati da varie classi borghesi nei Balcani e in altre parti del mondo.
L'invocazione dell'"autodeterminazione dei popoli" non ha nulla a che vedere con Lenin e la politica bolscevica. Non solo perché i bolscevichi parlavano di "autodeterminazione delle nazioni" in un'epoca in cui due terzi dell'umanità erano colonizzati, ma anche perché lo stesso Lenin aggiungeva che: "Le singole rivendicazioni della democrazia, compresa l'autodecisione, non sono un assoluto, ma una particella del complesso del movimento democratico (oggi: del complesso del movimento socialista mondiale). È possibile che, in singoli casi determinati, la particella sia in contraddizione col tutto, e allora bisogna respingerla". (V.I. Lenin, Risultati della discussione sull'autodecisione, Opere complete, vol. 22, p. 339)
Lenin ci ha esortato a esaminare l'autodeterminazione in unità dialettica con la lotta per rovesciare il potere della borghesia.
Oggi, il KKE affronta la questione in modo simile. Tiene conto del fatto che in tutti i paesi balcanici, così come in molti altri paesi del mondo, per ragioni storiche, esistono minoranze religiose ed etniche, spesso provenienti dai paesi vicini. I circoli borghesi e le potenze imperialiste, al fine di promuovere i propri interessi, cercano di sfruttare queste minoranze e di trasformarle da "ponti di amicizia" che possono essere costruiti tra popoli vicini in "strumenti" per fomentare questioni di cambiamenti dei confini e annessioni territoriali. Tuttavia, i cambiamenti dei confini non servono gli interessi dei popoli, ma al contrario fanno parte delle rivalità borghesi-imperialiste e portano i popoli a grandi spargimenti di sangue e distruzione.
Sulla base di questa valutazione, il KKE difende i diritti delle minoranze nazionali e religiose e si oppone sia al nazionalismo borghese, che si insinua in ogni fessura, sia al cosmopolitismo borghese, che viene utilizzato per giustificare gli interventi imperialisti. D'altra parte, difende l'integrità territoriale dei paesi, i loro confini e i trattati che li definiscono, ed è in prima linea nella lotta comune dei lavoratori contro il loro nemico comune: il capitalismo, la borghesia e i suoi interessi. La posizione del KKE è internazionalista e sostiene la lotta comune dei popoli contro la borghesia e le alleanze imperialiste, per il socialismo.
26.08.2025