Evento internazionalista per il 108° anniversario della Grande Rivoluzione Socialista d'Ottobre

Discorso di apertura di D. Koutsoumbas, Segretario Generale del Comitato Centrale del KKE

Cari amici e compagni,

Oggi commemoriamo il 108° anniversario della Grande Rivoluzione Socialista d'Ottobre, animati da ottimismo militante e da incrollabile fiducia nella forza inesauribile della classe operaia e dei popoli del mondo.

Celebriamo questo evento dall'importanza storica mondiale, che ha modificato il percorso dell'umanità, segnando in modo indelebile il Novecento e inaugurando l'inizio della fine della barbarie capitalista e dei suoi sistemi di sfruttamento, oltre che l'alba di una nuova società, quella del socialismo-comunismo.

Nell'incrollabile fiducia che prima o poi il mondo diverrà rosso da un capo all'altro, diamo il benvenuto ai nostri compagni delle delegazioni dei partiti comunisti e operai di Algeria, Argentina, Austria, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Kazakistan, Messico, Paesi Bassi, Pakistan, Palestina, Paraguay, Russia, Spagna, Svezia, Turchia, Ucraina, Stati Uniti e Venezuela, che sono con noi questa sera.

A trentacinque anni dai rovesci controrivoluzionari verificatisi nell'Unione Sovietica e nei Paesi dell'Europa orientale, a dispetto dei festeggiamenti degli effimeri vincitori di allora e dei loro arroganti proclami sulla «fine della storia», la realtà ha pronunciato il suo verdetto: le idee dell'Ottobre - le idee che scossero il mondo - rimangono immortali e, malgrado i rapporti di forza estremamente sfavorevoli, continuano a oggi conquistare milioni di persone in tutto il mondo, e ancor di più ne conquisteranno in futuro.

Saremo noi ad assicurarci che questo avvenga, proseguendo e intensificando lo sforzo organizzato lanciato dalla KNE (Gioventù Comunista di Grecia) per la «Settimana della Diffusione del Comunismo». Questa iniziativa ha avuto inizio lunedì, con la marcia di massa anti-imperialista nella ricorrenza dell'insurrezione del Politecnico e della fondazione del nostro partito, e culmina con l'evento di oggi.

I nostri avversari schiumano di rabbia. Hanno versato litri d'inchiostro, approvato leggi reazionarie, confezionato programmi di studio e finanziato produzioni culturali - il tutto nel tentativo di screditare gli ideali comunisti, di promuovere l'ignorante equiparazione tra socialismo e fascismo, di etichettare la Rivoluzione d'Ottobre come un «colpo di Stato» o come un evento del tutto obsoleto.

Questa offensiva si concentra ovviamente negli USA, nell'UE e nei Paesi NATO, ma si sta sviluppando anche nella Russia capitalista, dove quest'anno sono state vietate manifestazioni e vi sono stati arresti di comunisti che volevano celebrare l'anniversario.

Perché questi ideali sono oggi più attuali che mai, e vengono riaffermati ogni giorno con più forza.

Perché ogni giorno si allarga il baratro che separa le potenzialità della nostra epoca di soddisfare pienamente i bisogni del popolo e la misura in cui tali bisogni vengono effettivamente soddisfatti.

Perché ogni giorno i vicoli ciechi e le contraddizioni di un sistema basato sulla ricerca del profitto - che produce soltanto sfruttamento, crisi, guerre e profughi - diventano più evidenti.

Perché, infine, questi ideali incarnano la verità e la giustizia.

Per il KKE, la Rivoluzione d'Ottobre non è qualcosa da relegare alle teche di un museo. È viva, insieme alla successiva esperienza della costruzione del socialismo, ci insegna che cosa è giusto e che cosa è sbagliato, presentandoci i suoi mirabili successi ma anche le deviazioni che permisero alla controrivoluzione di prendere piede.

Ci insegna che la classe operaia è la sola vera classe rivoluzionaria in questo sistema: la classe che, attraverso il suo lavoro, produce tutta la ricchezza espropriata dai capitalisti, e di conseguenza la sola classe che, prendendo in mano il potere, può adeguare i rapporti di produzione all'attuale livello di sviluppo delle forze produttive, in virtù della vasta socializzazione del lavoro che ha avuto luogo.

Dobbiamo quindi aprire un fronte ideologico contro percezioni erronee che, pur proclamandosi nuove, sono in realtà estremamente vecchie - quelle che parlano della «fine della classe operaia» e della sua sostituzione da parte della tecnologia e dell'intelligenza artificiale.

Questi notevoli progressi tecnologici derivano dal lavoro umano; potrebbero permetterci di vivere meglio, con orari di lavoro più brevi - se il profitto venisse tolto dai termini dell'equazione. Ma nelle mani del capitale, questi stessi progressi si trasformano in strumenti di sfruttamento ancor più profondo, di repressione ancor più aspra, e di sottomissione ancor più rigida del lavoro al capitale.

Dopotutto i capitalisti, checché ne dicano i loro portavoce, sanno meglio di chiunque che i loro profitti derivano esclusivamente dallo sfruttamento della forza-lavoro. È per questo che spingono i loro governi ad approvare leggi come il recente provvedimento sulla giornata lavorativa di 13 ore, adottata nel nostro Paese dal governo di Nea Dimokratia in linea con le direttive anti-lavoratori dell'UE.

La Rivoluzione d'Ottobre ci insegna che è necessaria un'avanguardia rivoluzionaria, il partito comunista, per porre fine una volta per tutte a questa barbarie.

Soltanto un partito comunista veramente degno del suo nome e della sua missione può guidare le forze popolari nella lotta decisiva contro il capitalismo.

Lo sforzo atto a elaborare una strategia rivoluzionaria, messo in atto da ogni partito comunista nel suo Paese oltre che dal movimento comunista internazionale, è una condizione essenziale per un'iniziativa autenticamente vittoriosa.

Ciò è indispensabile per contrastare le idee spacciate in primo luogo dai corrotti socialdemocratici, a detta dei quali l'era delle rivoluzioni sarebbe finita e l'unico modo per migliorare la vita della classe operaia sarebbero le riforme - ripristinare il cosiddetto «regime legale», costruire uno «Stato sociale» o perseguire un «capitalismo democratico», come abbiamo sentito affermare di recente da ex-sostenitori del cosiddetto «socialismo democratico».

Per contro, l'esperienza dei popoli non lascia spazio a dubbi: il capitalismo, quali che siano le eleganti etichette appiccicategli addosso dai suoi fautori, rimane un sistema fatto di sfruttamento, diseguaglianza e ingiustizia. Rimane la dittatura di una minoranza della società, i capitalisti, che domina sulla maggioranza.

Questa esperienza dimostra che lo Stato borghese ostile attua riforme soltanto per peggiorare le cose, senza mai alterare o attenuare il suo carattere classista.

Per questa ragione, l'unica soluzione consiste nel rovesciarlo, nel farlo a pezzi, come scrive Lenin, sostituendolo con uno Stato radicalmente diverso, con un diverso potere: il potere dei lavoratori.

Cari amici e compagni,

La Rivoluzione d'Ottobre è stato davvero un evento che ha scosso il mondo come nessun altro.

Ha dimostrato che la teoria può essere trasformata in pratica, che la classe operaia può dare l'«assalto al cielo» e trionfare.

È stato davvero un evento di importanza mondiale, che tra l'altro ha condotto alla formazione di partiti comunisti in molti Paesi del mondo - tra cui il nostro partito, che celebra quest'anno i suoi 107 anni - e alla fondazione dell'Internazionale Comunista.

Il nostro partito ha valutato collettivamente le conseguenze negative del prevalere, all'interno del movimento comunista internazionale, di approcci strategici che si discostano dalla vittoriosa strategia dei bolscevichi - conseguenze che naturalmente hanno contribuito all'auto-scioglimento dell'Internazionale Comunista.

Nel contesto attuale, il KKE considera la ricomposizione del movimento comunista internazionale come un compito urgente, che tuttavia deve fondarsi su alcune basi essenziali:

- La teoria che ci guida è il marxismo-leninismo e l'internazionalismo proletario, che sviluppiamo e adattiamo costantemente a fronte di nuove informazioni.
- La necessità e l'attualità del socialismo, della rivoluzione e del suo carattere socialista non dipendono dai rapporti di forza.
- Non vi è spazio alcuno per collaborazioni o alleanze con la borghesia o con settori di essa, né nel nome della difesa della democrazia borghese, né nel nome della lotta contro forze «guerrafondaie» o fasciste, come ha dimostrato l'esperienza dell'Ottobre.

Oggi vediamo come la borghesia e il suo potere, in ogni Paese e nell'insieme, indeboliscano e sopprimano i diritti e le conquiste dei lavoratori e del popolo, mentre ordiscono guerre camuffate da «trattati di pace».

Questo vale per i governi di tutto lo spettro politico, da quello «di estrema destra» di Trump negli USA a quello «centrista» di Macron in Francia, fino ai governi «laburisti» britannici e, naturalmente, alla coalizione tra socialdemocratici e cristiano-democratici in Germania.

Una questione cruciale consiste nel comprendere le leggi scientifiche della costruzione del socialismo, che devono essere applicate dall'avanguardia rivoluzionaria.

Da questo punto di vista, dobbiamo osservare che la teoria e la pratica del «socialismo di mercato», che riproduce e rafforza con precisione matematica le forze della controrivoluzione, si sono dimostrate disastrose.

In tal modo, invece che al trionfo del comunismo, abbiamo assistito a un ritorno al capitalismo, come evidenziano la dissoluzione dell'URSS e del PCUS nel 1991 e in seguito il caso della Cina, dove peraltro la denominazione «Repubblica Popolare Cinese» e il Partito Comunista Cinese sono stati mantenuti.

 

Dear Cari amici e compagni,

Il 2026 segnerà il 70° anniversario del 20° Congresso del PCUS - un punto di svolta in questo percorso controrivoluzionario che sarebbe culminato nella definitiva dissoluzione dell'URSS e del PCUS stesso, e nell'ascesa al potere di nuove forze capitaliste.

A definire la controrivoluzione, tuttavia, sono la restaurazione e il consolidamento dei rapporti di produzione capitalisti, e non le forme specifiche in cui tale restaurazione viene attuata.

In alcuni casi la controrivoluzione può avere luogo in modo graduale, con il mantenimento del potere del partito comunista, ed essere presentata - o anche ritenuta sinceramente da alcuni - come una soluzione tattica temporanea.

Capire questo punto è estremamente importante, non soltanto sul piano teorico in vista del futuro, ma anche in relazione al presente, specie quando alcuni tentano di tracciare parallelismi storici privi di senso.

Se li definiamo privi di senso è perché l'attuale conflitto tra gli USA e la Cina per la supremazia all'interno del sistema imperialista internazionale viene presentato da costoro come un conflitto tra capitalismo e socialismo.

Di conseguenza, essi esortano la classe operaia a scegliere con quale imperialista allinearsi, il che può condurre soltanto alla disfatta, a ulteriori delusioni e allo spreco di potenziali opportunità.

Cari amici e compagni,

Viviamo nel XXI secolo, in cui il capitalismo, nella sua fase imperialista, domina il mondo.

Ogni giorno porta con sé nuovi sviluppi che evidenziano la crescente intensificazione della competizione tra gli imperialisti.

Questo è rispecchiato dall'escalation dei principali conflitti per la spartizione dei mercati e per il controllo delle risorse naturali ed energetiche e delle rotte di trasporto delle merci, nonché dalla lotta per il controllo geopolitico e per il rafforzamento dell'influenza esercitata da ciascun Paese a livello sia regionale sia globale.

Vediamo accadere questo anche nel nostro Paese, che il governo e gli altri partiti euro-atlantici stanno trasformando in un canale di accesso per il gas naturale liquefatto statunitense e in una strettoia cruciale per impedire l'afflusso del gas russo rivale.

Dichiariamo con chiarezza che non sarà il popolo a trarre vantaggio da questi accordi, bensì i monopoli dei trasporti e dell'energia, che metteranno le mani sulla ricchezza energetica del Paese. Parallelamente, trasformare il Paese in uno snodo energetico, dei trasporti e militare non soltanto non serve a proteggerlo, ma anzi lo colloca nell'«occhio del ciclone» della competizione commerciale, geopolitica e militare e delle guerre tra i blocchi euro-atlantico ed euro-asiatico che si vanno intensificando a livello internazionale.

Basta ricordare che in passato l'Ucraina, la Siria, la Libia e altri Paesi sono stati snodi di questo tipo, e sappiamo bene che cosa i loro popoli stanno subendo oggi.

Tutti questi sviluppi, con la creazione di nuove alleanze e blocchi di forze che si trasformano in assi e contro-assi, accrescono i rischi di conflitti militari, a livello non soltanto locale ma anche regionale, e la possibilità di una guerra imperialista generalizzata.
Al tempo stesso va aumentando la possibilità di una crisi capitalista globale provocata dall'enorme sovra-accumulazione di capitali.

Questa eventualità conferma la valutazione secondo cui la guerra imperialista è destinata a subire ulteriori escalation e nei prossimi anni potrebbero aprirsi nuovi fronti nell'Artico, nel continente americano, nel Mar Cinese Meridionale eccetera.

Cogliamo inoltre l'occasione per denunciare la nuova escalation di aggressione imperialista attuata dal governo USA contro il Venezuela, con il pretesto della lotta contro i cartelli del narcotraffico.

Il KKE condanna categoricamente qualunque piano di intervento armato in Venezuela ed esprime la sua solidarietà alla classe operaia e al popolo del Venezuela, ai quali soltanto spetta la responsabilità di decidere gli sviluppi nel loro Paese.

Il KKE esprime la sua solidarietà al Partito Comunista del Venezuela, che in una difficile situazione segnata dalla persecuzione lotta per difendere gli interessi della classe operaia e del popolo.

L'interrogativo, oggi, è quindi come il movimento comunista internazionale debba rispondere a questi sviluppi e a quelli che potrebbero verificarsi domani.

Lenin considerava la guerra una prosecuzione delle politiche degli Stati capitalisti con mezzi violenti - una prosecuzione dello sfruttamento dominante anche nei precedenti periodi di relativa «pace».

Non possono esservi esitazioni oggi riguardo ai pretesti utilizzati dalle classi borghesi e dagli imperialisti - «difesa della patria», «libertà», «giustizia» - con cui essi tentano di occultare il carattere imperialista della guerra.

La loro unica preoccupazione è il profitto.
E l'unica «libertà» che conta per loro è la libertà di derubare il popolo.

Una guerra «giusta» può esistere soltanto nella prospettiva della classe operaia, che si organizza e lotta contro l'oppressione fino a liberarsi dalla schiavitù capitalista.

Di conseguenza, il movimento comunista internazionale deve elaborare una propria linea di lotta per ogni Paese e continente e a livello internazionale, allo scopo di abbattere la barbarie imperialista che scatena la guerra o impone la pace sotto la minaccia delle armi.

Il punto cruciale è che la classe operaia deve avere un'organizzazione e un'azione distinta e indipendente, che non si pieghi agli appelli della mobilitazione nazionale per la guerra o del nazionalismo.

In nessun caso la classe operaia e il popolo devono accettare quanto dichiarato recentemente dal ministro della Difesa greco, e cioè che i lavoratori dovrebbero prepararsi a vedere bare con la bandiera greca o dell'UE ritornare dai fronti del conflitti imperialisti, e perfino esserne felici e fieri!!!

Il nostro popolo non deve lasciarsi irretire dai vari appelli pacifisti in favore di una «pace» da ottenere mediante una «nuova architettura di sicurezza», un «mondo multipolare» e via discorrendo.

La vera pace per il popolo consiste nell'affiancare l'uscita dalla guerra alla lotta per l'uscita dalla barbarie del sistema capitalista.

E naturalmente, dev'essere chiaro che i comunisti non abbandoneranno mai il popolo, nemmeno in tempo di guerra, a prescindere da quali siano gli sviluppi della situazione o l'andamento della guerra.

I bolscevichi non dichiararono uno sciopero contro la guerra; furono nelle trincee della prima guerra mondiale a fianco degli operai e dei contadini russi, combatterono insieme a loro, li guidarono e insieme a loro riuscirono ad abbattere la causa che alimenta le guerre.

Cari amici e compagni,

Siamo convinti che ciò che stiamo vivendo oggi, oltre a incertezze e rischi per il popolo, offra anche condizioni più propizie per mettere in discussione la politica dominante nel suo insieme, che ha ripercussioni sulla stessa «credibilità» e «stabilità» del sistema politico borghese.

Oggettivamente, tutto ciò può creare condizioni per grandi movimenti di massa, e perfino la possibilità di insurrezioni o di situazioni rivoluzionarie in alcuni Paesi o gruppi di Paesi.

La capacità del partito comunista di svolgere un ruolo decisivo in simili situazioni critiche dipende in gran parte dalla sua preparazione di oggi, dalle battaglie che combattiamo oggi.
Dobbiamo cioè agire in una situazione non rivoluzionaria, preparandoci oggi per il domani.
Questo investe sia la relativa preparazione strategico-programmatica, sia la linea e l'azione attuali nelle circostanze di oggi.

Una questione cruciale consiste nel combinare il programma rivoluzionario del partito con l'azione rivoluzionaria quotidiana in tutti gli ambiti di attività e in ogni fase del lavoro di guida politica.
Questa è la questione che poniamo al centro della discussione in vista del 22° Congresso del KKE, che si terrà dal 29 al 31 gennaio 2026, con lo slogan «Un KKE forte, saldo di fronte a ogni prova, pronto a rispondere alla chiamata storica per il socialismo».

Perché sappiamo che il momento che sogniamo verrà!
E vogliamo essere in grado di rispondere, di dimostrarci degni dei compagni che hanno lottato prima di noi!
Per giungere alla realizzazione dei nostri grandi obiettivi.
Perché la nostra era è l'era della transizione dal capitalismo al socialismo.

L'era dell'abbattimento del capitalismo ha avuto inizio nell'ottobre del 1917. È stato allora che si è rotto il ghiaccio, che si è aperta la strada e che è cominciata l'era delle rivoluzioni socialiste.

Per questo non verremo meno alle nostre parole e non ci piegheremo fino a quando non avremo portato a termine questo compito!

VIVA L'INTERNAZIONALISMO PROLETARIO!
VIVA LA GRANDE RIVOLUZIONE SOCIALISTA D'OTTOBRE

Traduzione da Resistenze.org